Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/56

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Bona sollevò gli occhi, grandi tristi e pieni d’odio eppure attraversati da un baleno di speranza; ma non rispose.

— La vita ricomincia tutti i giorni. E voi siete giovine ancora. Su, alzatevi e andate a guardare quel bambino. Non pare che il destino ve lo abbia mandato apposta in casa come un regalo, per compensarvi di quello che vi ha tolto?

Ma la donna stava ferma, premendosi sulle ginocchia il vassoio; solo scuoteva la testa china, accennando di no, di no. Non voleva piccoli compensi dal destino, lei; nulla poteva compensare il danno che le era stato fatto.

Ma rimasta sola cominciò a ripensare alle parole del dottore. E per la prima volta la spiegazione della morte del suo figliuolo le apparve chiara alla mente: non la convinse e tanto meno la consolò, ma le apparve chiara.

Di là il bambino piangeva: quanto la sera prima era stato quieto, adesso era agitato: pareva sentisse l’ostilità della gente intorno a lui. La stessa Albina, un po’ stanca per la cattiva notte passata, sembrava non se ne curasse più. Elisabetta diceva:

— I bambini bisogna lasciarli piangere: fa loro bene ai polmoni.

Bona però ricordava che quando Elis piangeva,