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agli uomini: dunque ero destinato a vivere come le lucciole, in silenzio, nell’ombra, spandendo invano la muta luce del mio amore.
Mi alzai; mi parve di rivedere la testa di Fiora; era un punto rosso, una finestra illuminata della sua casa.
Subito mi diressi a quella volta: inciampavo fra l’erba, più ubriaco di quando m’ero sollevato dal ciglio della strada: ma giunto alla siepe mi accorsi che qualcuno aveva rimesso a posto i rami e chiuso il varco con dei rovi.
Allora fui ripreso da un senso di rabbia, però misto a dolore e a un desiderio morboso di castigo. Strappai di nuovo i rami, i rovi, riaprii il varco e penetrai nei campi di lei. Mi ero tutto graffiato: sentivo le mani umide di sangue.
Attraversai il campo di frumento, il campo di fave. Non cercavo di nascondermi: anzi di tanto in tanto mi fermavo, aspettando che qualcuno mi vedesse e credendomi un ladro mi sparasse contro una fucilata.
Sarei morto felice quella notte. Ma nessuno appariva; neppure la morte mi voleva.
Attraversai la vigna. La vigna era in fiore: e tutta vibrante di lucciole. Oh solo con la musica si potrebbe esprimere la dolcezza e lo spasimo di quell’