Pagina:Deledda - Il segreto dell'uomo solitario, 1921.djvu/218

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— Sei poi certo, Cristiano, ch’ella fosse così? È un eterno malinteso che regna fra due che si amano: qualche cosa li spinge ad unirsi, qualche cosa li spinge a pungersi per separarli. E tu? E tu non hai l’apparenza di non voler e di non poter dare il tuo cuore vivo? Anche lei forse era così: solo l’apparenza. Tu stesso forse l’odiavi e l’amavi: altrimenti avresti trovato la forza di separarti da lei.

— E vero, sì! L’odiavo perchè l’amavo e il mio dolore era appunto questo odio: per me lei era la fortuna stessa, quella che avevo sognato adolescente nei giorni delle privazioni: era la bellezza, la ricchezza, l’intelligenza — perchè era anche intelligente: — era la primavera eterna che avevo desiderato nei giorni di freddo, quando l’amore di mia madre non bastava a scaldarmi; era sopratutto l’amore: e il vedermela sfuggire come l’acqua fra le dita accresceva la mia rabbia. A volte arrivavo a maledirla, a desiderarle la morte. Poi mi abbandonavo stanco, e mi pareva di aver distrutto e rotto ogni cosa intorno a me: ma dal profondo del cuore mi risaliva la passione, e io andavo in cerca di lei, la riprendevo, ricominciavo ad amarla, ad odiarla, a tormentarmi e tormentarla.

Egli si fermò: pareva avesse detto tutto.