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goccia e si chinò per alitare sulla lieve macchia che, ripassatovi su lo straccio, scomparve.

— Va bene, — disse risollevandosi: — oggi stesso provvederò a me e alla mia Chia: intanto posso metterla nella mia camera.

Mise il braccio piegato davanti alla cornacchia e questa vi saltò su, con un lieve strido di gioia. Ed egli le posò una mano sopra, per accarezzarla e proteggerla. Io provai di nuovo una strana impressione: mi pareva di sognare. Fedele aveva pronunziato il nome della cornacchia come quello di una persona, e i suoi occhi d’un azzurro verdastro avevano preso una espressione simile a quella degli occhi di lei. Qualche cosa di selvaggio, d’irriducibile ad ogni umano sentimento, si rivelava improvvisamente in lui, risaliva dal fondo del suo essere primordiale. Ed io ebbi di lui la stessa misteriosa paura che mi inspirava l’uccello da preda: così fragili entrambi, in apparenza addomesticati, pronti ad affondarvi il becco negli occhi. E uniti entrambi da uno stesso amore che solo i simili fra di loro, quelli di una stessa razza, possono sentire.