Pagina:Deledda - Il sigillo d'amore, 1926.djvu/41

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LA SEDIA.


Un giorno del settembre scorso passavo, verso sera, in una strada popolare di Roma. La strada, come del resto tutte le altre della città, era allora completamente rotta per il rinnovamento del selciato; e nel primo velo del crepuscolo aveva l’impressione di uno di quei sogni quando si cammina lungo gli abissi o fra le gole dei monti, e arrivati a un certo punto non si può andare più avanti nè tornare indietro: solo un provvido risveglio ci salva dalla morte per spavento.

Arrivata a un certo punto, come in quei sogni strani, fra uno scavo lungo e profondo e una striscia di marciapiede ingombra di cumuli di pietre livide che mi ricordavano i natii nuraghes, un ostacolo fermò davvero il mio insolitamente cauto procedere: era una bella sedia nuova, bassotta, solida, coi bastoni delle gambe e dello schienale bianchi e forti come colonne,