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marono davanti, ridendo di un riso spezzato e maligno:
— Vai all’ovile, Merzioro Carta?
— Così pare!
— Se aizzi il cavallo farai un bell’incontro.
— Io non devo incontrar nessuno! — diss’egli, duro.
Ma, dentro, il cuore parve saltargli alla gola.
— È dunque lei! — pensò con rabbia.
Le donne intanto, ripresa la discesa, fermarono un ragazzo per il sacco.
— Grida così: tanti saluti a Paska Carta!
Il ragazzo si volse in faccia al sole, socchiuse gli occhi, si portò le mani giunte alla bocca, e gridò:
— Faccia di volpe, ohè, tanti saluti a Paska Carta!
Il maligno grido finì d’inviperire Melchiorre: tuttavia non si volse, non rispose, e non si fermò finchè non giunse ad una fontana. Grandi elci immobili ombreggiavano la radura coperta di tenere erbe bionde: davanti alla rozza fontana di pietre si scorgevano le traccie di un banchetto; macchie nere ove era stato acceso il fuoco, felci appassite su cui era-