Pagina:Deledda - Il vecchio della montagna, 1920.djvu/196

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e là sui più grossi rami ne rimase un po’, cristallizzata dal gelo. Un giorno, dopo il lungo vaporar triste degli orizzonti, apparve il sole, e il cielo s’incurvò come uno specchio di lucida turchese sui nitidi profili marmorei, sulle lame brillanti delle montagne lontane. I ghiacciuoli di cristallo pendenti dai rami e la neve sulle roccie sprizzarono scintille iridate; la sottile erba invernale, su cui la brina stendeva le sue filograne, brillò anch’essa, smeraldina; e i capretti candidi e neri scesero saltellando dalla mandria.

Una sera Basilio montò a cavallo per ricondurre zio Pietro all’ovile. Egli non si era ingannato; Melchiorre aveva paura. Lo vedeva trasalire ad ogni rumore, vegliar la notte, guardar sempre lontano un po’ spaurito. Doveva dormire di giorno, forse celandosi nelle grotte, perchè s’assentava senza dire dove andava. Di scender poi a Nuoro non ci pensava neppure; quindi Basilio partì felice, sicuro di rivedere l’amata.

E infatti durante quell’inverno la rivide spesso. Zio Pietro, tornato all’ovile, non se ne mosse più. Col tempo Melchiorre parve rassicurarsi; tuttavia continuava a mandar Basilio a Nuoro col latte.