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nistra, rossa, rugosa e tremante, brancicava cercando un appoggio, spingendo un ostacolo. Sebbene calmo in apparenza, non sorrideva, e solo quando sentì che Melchiorre arrivava, spianò le sopracciglia: e il suo bel volto parve quello di un patriarca.
Dal suono rimbalzante delle staffe e del freno si accorse che Melchiorre toglieva la sella al cavallo, e si fece un po’ indietro per lasciarlo passare.
L’altro entrò, senza dir parola, e depose bruscamente per terra la bisaccia, intorno alla quale il cane s’aggirò fiutando.
— Cosa ha? — pensò zio Pietro, accorgendosi subito che il figliuolo era più irritato del solito. Ma tosto sentì un profumo di frutta e si rallegrò come un bimbo.
— Cosa hai portato? — chiese.
— Toccate, — disse Melchiorre.
— Questo è un cocomero. E questo è un popone! Bene!
— Dove è quello scimmiotto? — domandò Melchiorre, buttandosi sulla stuoia, accanto alla porta.
Sporse il capo, fischiò, gridò:
— Basilio, o Basiliooo?