Pagina:Deledda - Il vecchio della montagna, 1920.djvu/71

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chiorre con voce rauca, divincolandosi. — Lasciatemi andare, altrimenti stanotte finite male il divertimento.

— Mascalzone! — Un poderoso pugno gli cadde come una pietra sulla nuca. Egli si divincolò, furioso, con gli occhi splendenti; con uno slancio felino si gettò ancora su Paska e la schiaffeggiò con violenza, poi ebbe di nuovo l’impressione d’un salto, d’una fuga pazza, e si trovò fra le roccie al di là della radura. La sua persona vibrava tutta, le orecchie gli ardevano, le labbra frementi pronunziavano vituperi ed imprecazioni. Provava uno spasimo senza nome: avrebbe voluto gittarsi per terra, morder le pietre, sbatter la fronte al suolo, spaccarsela e morire.

Nell’oscurità che lo circondava, distinse la massa nera del bosco; e gli pareva di veder ancora il lontano barlume del fuoco, di sentir ancora lo strillo del bimbo, l’abbaiare del cagnolino e il singulto spezzato di Paska. Ma il flauto maledetto taceva: ed egli si rimise a correre fra il monotono susurro del vento che ogni altro rumore dominava.