Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/126

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cobra, è tutto suo. D’altronde adesso le loro spese sono limitate. Il Decobra giovane non ha più modo di spendere: dopo la morte della povera signora Pia non s’è più alzato da letto: l’ho veduto oggi; è bianco e freddo, rigido anzi, chiuso come un pugnale in un astuccio. Lei sa la sua malattia: il midollo dorsale che se ne va.

Antioco intanto beveva e beveva: cognac, rum, liquori forti: avevo voglia di fermargli la mano, di dirgli: — Un malanno aspetta anche lei, se continua così; — ma sentivo soggezione, quasi paura di lui.

— Ho avuto l’impressione che il Decobra sia, in certo modo, contento di essere malato per tormentare, o meglio per esercitare vendetta contro sua moglie. Poiché ella, dato questo stato di cose, è costretta a rimanere in casa, prigioniera con gli altri. Della morte della figlia credo non le importi niente: dicono che quando apprese la triste notizia pianse un poco, poi domandò della frutta; frutta fresca, arance, arance. Senza la malattia del marito, la morte della figlia le sarebbe forse giovato di pretesto per fuggire ancora dalla villa e sperdersi per il mondo. Sa che effetto mi fa, la signora Dionisia Decobra? Di una zingara: ne ha il tipo fisico, tutta nera e ricciuta, col profilo e gli occhi ebrei: ne ha gli istinti: se non ruba è perché troppi denari ha nella sua borsa.