Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/125

Da Wikisource.

— 115 —

— È gente, i Decobra, non squilibrata, tutt’altro, ma originale e non sana. Anzi, lui, Decobra, e questo certamente non glielo avranno potuto nascondere, è malato sul serio: ha lavorato molto, bisogna riconoscerlo, ha cercato la fortuna e l’ha trovata, se fortuna può dirsi la sua: ma si è anche goduto la vita, con le donne, il vino, il gioco, i viaggi: del resto, con una moglie come la sua, c’è pienamente da giustificarlo. È vero che è stata lei, figlia e nipote di ricchissimi banchieri, a portare i milioni in casa Decobra; ma, per conto mio, le assicuro, io l’avrei non solo tradita e sfuggita, ma impiccata. È una donna insopportabile, di un egoismo da tigre: più ignorante di una serva, ha pretese aristocratiche e intellettuali. Non pensa che a sé, non parla che di sé, non vuol bene che a sé stessa. Bisogna riconoscere che, avendo anche lei molto viaggiato, quando vuole racconta in modo divertente, appunto come può farlo una contadina, le sue impressioni d’India o di Australia; ma il viaggiare, per lei, non è una forma di gioia, di curiosità estetica; è un pretesto per muoversi, per svagarsi, per colmare istintivamente il vuoto spaventoso della sua anima. Poiché stupida non è: l’astuzia e la diffidenza suppliscono alla sua mancanza d’intelletto: è poi, bisogna riconoscere anche questo, generosa, con chi le pare; non bada al denaro, che in fondo, in casa De-