Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/211

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cavano persone di servizio: infermieri, tappezzieri, autisti, merciai, stagnini e muratori, preti e strozzini, suore e donnette equivoche, tutti insomma gli anelli di congiunzione fra una classe sociale e l’altra, gli erano, se non amici, conoscenti; e i mendicanti di professione, i profittatori, i ladri, gli adulteri, avevano una speciale paura di lui. A conti fatti, oltre alle doti classiche dei portinai fedeli, onesti, attaccati ai loro padroni dalla forza dell’interesse, dell’abitudine, ed anche da un certo affetto cagnesco, egli conservava intatta la sua potenza quasi passionale di guardia doganale: aveva il fiuto, l’istinto, il coraggio del cacciatore d’uomini fraudolenti, ed anche la coscienza della sua superiorità su di loro. La più grande ingiustizia da lui subìta nella sua integerrima vita, fu quando, per limiti di età, lo misero in pensione: avrebbe potuto trovare un impiego più decoroso, ed anche meno faticoso, ma aveva scelto quello di guardiano di un palazzo, del resto abitato, almeno in apparenza, tutto da gente facoltosa e per bene, per un bisogno di attività fisica e mentale.

Il suo mondo era vasto ancora, quasi come quello che per forza di cose aveva dovuto abbandonare: i confini di monti e di mare, con banditi, agenti anarchici, bracconieri, ladri di sale ed esportatori e importatori clandestini di ta-