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Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/235

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fare amichevole che stupì la gigantessa. — Come sta? È inutile domandarglielo: si vede che sta benissimo. Ne ho piacere: questa mattina ho veduto suo marito.

Ecco che anche lei chiacchierava, nascondendo però il suo pensiero: la sua voce bassa e quasi stentata, quasi arrugginita dal poco uso, non le sembrava meno strana di quella dell’altra: voci meccaniche tutt’e due, di marionette che recitavano la commedia. E poiché ci si era, ella pensò di entrare subito nel cuore della scena.

— Era suo nipote, quel signore che l’ha salutata?

— Proprio lui. Ma come fa a saperlo? — disse la signora Giulia, fermandosi sorpresa nel corridoio.

— Me lo sono immaginata. Eppoi mi pare che le rassomigli.

L’altra era ingenua e semplice: ma non al punto da non intravedere la canzonatura: che fare, però? Con la signora Noemi non c’era da prendersi confidenze, e bisognava procedere molto cauti, molto prudenti, per ottenere anziché perdere qualche cosa: quindi non le restava che sorridere e avanzare lentamente badando a non scivolare sul pavimento che sembra un vero specchio. Intanto Noemi, dopo chiusa la porta col catenaccio, apriva l’uscio del salottino. Le persiane socchiuse, la tenda abbassata, lasciavano