Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/53

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Mio marito era tenace, forte, quasi aspro: inoltre credeva di avere, di fronte a me, un impegno preciso, morale ed anche economico. E la fortuna, d’un tratto lo aiuta. Egli aveva messo su un piccolo studio di avvocato, ma le cause si facevano aspettare. Frequentava anche lo studio di un penalista celebre: ed ecco che questo lo chiama ad assisterlo in un processo passionale, di gente ricca e aristocratica, tutto un intrigo spaventoso di menzogne, di calunnie, di livore, che lei forse ricorderà: il processo detto degli Ebrei. Basta; il giorno in cui il grande avvocato deve pronunziare la sua difesa, gli succede una disgrazia: muore d’improvviso la moglie. Il Pubblico Ministero respinge la proposta di rimandare sia pure di pochi giorni il proseguimento della causa. Allora parla mio marito. Fu un successo clamoroso. Gli accusati assolti; la fama del mio Giacomo assicurata.

Cominciò per noi una fortuna fantastica: ma bisogna dire che egli lavorava giorno e notte, e non si prestava se non alla difesa di accusati che egli riteneva assolutamente incolpevoli. Eravamo felici: solo un’ombra; la mancanza di figli: e poi un’altra ombra più terribile. Avevamo appena acquistato questo palazzo e messo a posto l’ultimo oggetto di questo appartamento che Giacomo si ammalò. Giorni terribili. Si va in una clinica: Giacomo è operato; sembra gua-