Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/54

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risca, ma non può più lavorare. Due anni durò la sua agonia. Fu operato una seconda volta: passò mesi e mesi nella triste clinica: poi me lo riportai a casa, ed egli morì qui. Ma per me è sempre vivo, è sempre qui.


Ella tace, adesso, e quasi non vede più la persona per la quale ha parlato: poichè le sembra di essere scesa nel suo passato solo per rievocarlo a sè stessa e farsi sentire dal ritratto in ascolto nella casa.

Ma la voce sempre eguale del Commissario, quasi senza suono, eppure inesorabile sebbene impersonale, come quella del confessore dietro la grata, la fa riaffiorare alla realtà del presente.

– Questo palazzo, dunque, è suo? Che altre rendite possiede?

Ella sorrise, lievemente beffandosi della ingenuità del Commissario.

– Ho solamente questo stabile; senza ipoteche, senza oneri. Non è grande, ma è signorile: otto appartamenti, senza questo, due botteghe, giù, un deposito di automobili. Ci sono le tasse e le spese di manutenzione, ma sempre rimane qualche cosa, per una donna che vive sola.

– Ha un’amministratore?