Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/82

Da Wikisource.

— 72 —

vivere tutto l’anno quassù? Molte circostanze, non del tutto allegre, hanno ritardato i miei studi: ma questa è la volta buona: ritorno a Roma per completare la mia tesi di laurea, e poi, Dio volendo, farò un concorso, troverò un posto di pedagogo, e diventerò anch’io, per la consolazione dei miei cari compaesani, un bravo figliuolo.

Allora io sollevai il calice, in segno di augurio. Egli alzò il suo e disse, ridendo:

Skoll.

Ma questa parola straniera mi ripiombò in un senso di visione morbosa: e visione fu, tutta pervasa da un segreto brivido, quella casa dove io e lei, nei primi mesi dopo il nostro matrimonio, si alloggiava, apparentemente felici, ubbriacati, sopra tutto lei, da una vita diversa dalla nostra usuale. Era una pensione di lusso, con signori e signore eleganti, di passaggio, quasi tutti stranieri. Anche la padrona era una straniera, intelligentissima e colta, separata dal marito, un artista strambo, che non le dava il necessario per vivere. Ella si mescolava alla vita della pensione, come se lei stessa fosse una signora di passaggio. C’era un grande caldo, negli appartamenti tutti allo stesso piano; e sempre fiori, e sempre nell’aria un profumo misto di molti profumi, di sigarette e di cosmetici: alla sera grande luccichìo di capelli dorati, di gio-