Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 113 — |
— Perchè era avara, — pensava Annarosa, e ricominciò a ridere mentre Gavino diceva con serietà che per lui invece i canestri con le focacce e i dolci erano sempre chiusi a chiave. Ma la nonna cominciò a perdere la pazienza: sollevò la canna, e il rossore cattivo dei suoi movimenti di collera le colorì il viso.
Annarosa se ne accorse e fu pronta a riprendere il suo posto accanto a Stefano: anzi si sporse un po’ in avanti e mise la sua mano sulla mano della nonna dicendo:
— Non ci sgridate se ridiamo tanto; è per l’allegria, non vedete?
Mentre ritirava la mano, Stefano gliel’afferrò e la tenne un po’ stretta nella sua grossa e calda mano di pastore. A quel contatto ella arrossì: le sembrò che egli la stringesse tutta, e ne provò un turbamento confuso che subito, però, si convertì in dolore. Pensava a Gioele.
Stefano intanto con la mano libera traeva di saccoccia un astuccio facendone scattare la molla; e nella nicchia di velluto turchino dell’astuccio apparve un piccolo orologio d’oro attaccato ad una catenina sottile come un filo.
Era il suo dono di fidanzato. Annarosa lo tenne in mano e tutti vennero a vederlo. Gavino volle anche toccarlo e lo
Deledda, L’incendio nell’oliveto. | 8 |