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Pagina:Deledda - L'incendio nell'oliveto,1821.djvu/121

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— Perchè era avara, — pensava Annarosa, e ricominciò a ridere mentre Gavino diceva con serietà che per lui invece i canestri con le focacce e i dolci erano sempre chiusi a chiave. Ma la nonna cominciò a perdere la pazienza: sollevò la canna, e il rossore cattivo dei suoi movimenti di collera le colorì il viso.

Annarosa se ne accorse e fu pronta a riprendere il suo posto accanto a Stefano: anzi si sporse un po’ in avanti e mise la sua mano sulla mano della nonna dicendo:

— Non ci sgridate se ridiamo tanto; è per l’allegria, non vedete?

Mentre ritirava la mano, Stefano gliel’afferrò e la tenne un po’ stretta nella sua grossa e calda mano di pastore. A quel contatto ella arrossì: le sembrò che egli la stringesse tutta, e ne provò un turbamento confuso che subito, però, si convertì in dolore. Pensava a Gioele.

Stefano intanto con la mano libera traeva di saccoccia un astuccio facendone scattare la molla; e nella nicchia di velluto turchino dell’astuccio apparve un piccolo orologio d’oro attaccato ad una catenina sottile come un filo.

Era il suo dono di fidanzato. Annarosa lo tenne in mano e tutti vennero a vederlo. Gavino volle anche toccarlo e lo

Deledda, L’incendio nell’oliveto. 8