Pagina:Deledda - L'incendio nell'oliveto,1821.djvu/204

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Zio Predu diede un lieve ansito: lieve ma così pieno di angoscia e d’ira che il cane, vigile nel suo assopimento, ebbe una scossa come sentisse il gemito d’un ferito. Anche Stefano si turbò: sentì che feriva il padre oltre le sue intenzioni, e abbassò la voce, si fece umile e paziente.

— Non dico che non abbiate ragione voi. Siete più forte, più sano di me, voi; non c’è nulla al mondo che io rispetti più di voi: e anche vi invidio, babbo; la vostra via è stata dritta, e voi ne vedrete il termine e sapete l’ora in cui il sole tramonta. Se io vi ho sempre obbedito, non è appunto perchè vi rispettavo e vi rispetto?

— E allora obbediscimi ancora. Tu parli da avvocato e puoi rigirare in mille modi le tue parole e rivolgerle tutte a tuo favore. Io ti parlo da pastore; io ti dico ancora una volta che davanti alla coscienza le ciarle non valgono. Interroga bene la tua coscienza, Stefene; e lascia parlare a lei; non parlare tu con le tue ragioni. Io non amo le vie tortuose, e ti dico che il matrimonio che tu vuoi fare non l’approvo più perchè è già macchiato, e del peccato più grave davanti a Dio. Pensaci bene tre giorni e tre notti e vedrai che ho ragione io. Tutto il resto,