Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/11

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in fiore: l’odore di questi e dei tigli fioriti dà all’aria un sapore di liquore, reso più forte dalle parole che egli mi dice. Il ricordo dei morti quindi svanisce. I vivi coi vivi. Ho l’impressione che le sue parole mi restino scritte sulla carne, anche perchè egli sfiora il mio collo, la mia spalla e il mio braccio con piccoli baci che sono formati solo del suo alito.

— Ti ho portato un regalo, — dice infine, sollevandosi.

— Che cosa, che cosa? — Penso subito a un gioiello, e resto quasi disillusa quando egli trae dalla tasca interna della giacchetta una piccola penna d’oro, che per la forma, il colore e la leggerezza sembra quella di una pernice.

— Ecco il sindaco, che offre la penna d’oro agli sposi.

— Ascolta, — dice, poi china la testa, provando con l’unghia il pennino, e come ascoltando una vibrazione misteriosa sèguita: — tu devi scrivermi sempre con questa penna. E devi scrivermi tutto, di te, quando non saremo vicini.

Io ho un senso di paura, ma prendo subito la penna, tocco anch’io il pennino con la punta dell’unghia e ascolto: una vibrazione distinta sale dal mio cuore col suono delle mie parole.

— Noi saremo sempre vicini, anche se la sorte dovesse separarci fino alle estremità della terra.

Allora egli mi prende per mano e ritorniamo giù.