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Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/12

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Giù mio padre si affatica a collocare i materassi sui letti. Anche Fausto e Billa ne trascinano uno, spingendosi a vicenda, finchè rotolano assieme, seppelliti dal materasso. Il fidanzato si affretta a salvarli; quei birboni per compenso lo tirano con loro e solo la sua agilità gli risparmia la brutta figura di cadere anche lui. Le camere sono piene delle risate di tutti: anch’io rido, ma non so perchè ho quasi terrore di questa letizia risonante che scuote le cose. Ho nascosto la penna dentro la scollatura del vestito e la sento come una freccia nel cuore.

Mio padre invita il fidanzato a rimanere a cena con noi.

— È la notte di San Giovanni; è la prima notte che passiamo qui. Rimani.

Egli si scusa, sebbene avvinto e incalzato dai bambini che non vogliono lasciarlo andare.

— Un’altra sera, cari, un’altra sera.

Anch’io non ho piacere che egli resti, perchè per cena abbiamo solo uova e salumi.

Lo riaccompagno giù; ma prima di andarsene egli m’invita a spingerci fino al ciglione in fondo alla strada, dove comincia la campagna. Ci sediamo un momento sulla proda coperta di fieno; è quasi notte, ma nel crepuscolo luminosissimo