Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/150

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se li rimette, esce nell’ingresso tutto nero e profondo come una grotta e domanda chi c’è.

— Amici.

Egli non aveva che amici, nel mondo: quindi staccò dalla parete fredda il chiavone che pareva una pistola, ed aprì.

— Sono io, sono Bernardone: non mi riconosci? Ti ho portato la serva. Bisogna far entrare anche il cavallo, se no il vento me lo porta via.

Il vecchio si pizzicò la gamba come faceva l’aquila, per convincersi che non sognava; si provò anche a protestare.

— Ma, Bernardone, credi forse di essere alla porta del manicomio?

L’altro lo lasciò dire. Aprì il portone quanto era largo e vi fece entrare il cavallo ed il carrettino: seguiva una ragazza alta, con uno scialle nero che le copriva mezza la faccia pallida dove gli occhi lagrimosi per il freddo guardavano tra sfrontati e atterriti, fissando ora il vecchio ora la profondità fredda e nera del luogo. Al chiarore ondeggiante della candela, che Elia riparava con la mano, la figura di lui, davvero scarna e barbuta come quella di un eremita, e lo scenario intorno, avevano del fantastico: la ragazza sembrava suo malgrado impressionata, tanto che, per scuotersi, disse fra l’allegro e il tragico:

— Bel servizio mi hai cercato, Bernardone, maledetta sia l’animaccia tua.

Anche Elia rincalzava.