Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/160

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non era un castigo di Dio per i due vecchi egoisti che avevano abbandonato la loro casa con l’illusione di rifarsi una vita nuova, tutta per loro?

Poi, data anche l’immobilità maestosa e il silenzio impassibile del baule, la donna sorrise.

— Va là, tu vaneggi. Lasciami andare e dormi.

La ragazza però si offese; si sollevò, s’ingrandì.

— Le dico che c’è — affermò con voce risonante.

Suggestionata, la padrona si accostò al baule: e l’avrebbe aperto, senza quel sentimento di terrore sovrannaturale che, suo malgrado, la riafferrava tutta.

D’altronde, neppure la ragazza voleva; anzi gridò:

— Non apra, per carità, non apra.

Poi si nascose sotto le lenzuola e di nuovo si mise a gemere.

— Mamma mia, mamma mia: ma perchè, ma perchè?...

La padrona le tornò accanto.

— Sì, bambina, hai ragione: ti abbiamo strappato dal tuo nido, ti abbiamo tolto alla tua mamma, alle tue sorelline, al tuo gregge, per portarti in questa solitudine senza calore e senza pace. È giusto che tu abbia paura del lupo. Il lupo c’è, nel baule vuoto; il lupo dell’egoismo.

Queste parole la padrona non le disse alla servetta, ma a sè stessa: e pensò alla sua Pia, al dolore mortale che l’avrebbe trafitta se la sua