Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/232

Da Wikisource.

— 226 —

mossa, appassionata, come se le sue fossero parole d’amore profondo e quasi carnale.

Tanto che l’uomo rabbrividì fino alle midolla e vide le cose, nella penombra già opaca, tingersi di rosso e d’oro come al tramonto: un attimo, ed egli si riprese, come uno che vuol vincere una seduzione pericolosa: lo spirito violento e ironico che sonnecchiava da qualche tempo in lui, si sollevò con un’estrema volontà di dominio.

Egli non voleva miracoli: non ci credeva: non ci aveva creduto nei tempi felici, e tanto meno ci credeva adesso che la fatalità lo afferrava per i capelli e gli posava sugli occhi la sua mano inesorabile. La nostra vita è quella che è: e l’unico mezzo per vincere il dolore è di calpestarlo col disprezzo della vita: una volta morti, tutto finisce con noi.

La forza malefica che dentro lo agitava, lo spinse anche a tentare di distruggere la fede della donna. Domandò:

— Chi è quel disgraziato imbecille che crede ancora ai miracoli?

— Io ancora non lo so di preciso. Deve rivelarsi da sè.

— Ma se voi siete una veggente dovete pescarvelo da voi. Sarei curioso di vedervi all’opera.

L’altra tacque, anzi volse il viso in là, verso l’orizzonte ancora glauco, e parve allontanarsi col pensiero.