Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/9

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che la guardano: anche sul soffitto c’è un rosone azzurro nel centro e intorno una lievissima decorazione dorata, di foglie e di ghiande di quercia.

— Era meglio metterci dell’uva: così t’illudevi di essere sotto un pergolato — dice il babbo, che ha ripreso a mettere a posto gli oggetti, aiutato più o meno efficacemente dai bambini.

— Non si vive di solo pane, — osserva il fidanzato; — questa camera è bella e dà l’impressione di un rifugio fuori del mondo, di un giardino in fondo al mare.

E lo sguardo ch’egli volge intorno, con gli occhi che pare riflettano questa lontananza fuori della realtà, mi fa quasi male.

— Andiamo adesso in terrazza, — dico sottovoce, correndo fuori della camera.

Andiamo in terrazza, e questa volta ci lasciano finalmente soli.

*

Anche la terrazza, lastricata di mattonelle bianche e con la balaustrata di finto marmo, è bella e pulita come una sala: egli osserva che ci si può offrire una festa da ballo. Quando? Egli intreccia le sue dita alle mie e un brivido mi scuote tutta: ho l’impressione appunto che una grande festa si svolga intorno a noi con tutta la sua folle ebbrezza di musica, di danze e di colori.