Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/157

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parliamo della faccenda del prete messo a sedere sul treppiede ardente: era forse, quello, un seggio degno di lui; parliamo di quando un giorno invitarono a un banchetto un loro amico e gli diedero da mangiare l’arrosto di una vitella che il giorno prima gli avevano rubato: e questa volta avevano rubato la vitella solo per fare quello scherzo all’amico: scherzo più innocente di così non si può fare; ma il bello viene dopo, quando ubbriacarono l’amico e lo calarono giù per la botola; tanto che quando gli fu passata la sbornia egli si credette sepolto vivo; ma a tastoni raggiunse poi l’apertura della grotta e il primo a ridere della burla fu lui.

— Oh, basta, signor dottore; — dice Concezione; — tanto, io non credo a queste fandonie, che sono poi indegne di lei. Le lasci al vecchio Giordano.

— Buono, anche quello! Il passaggio sotterraneo ce l’ha anche lui, dentro la sua anima di macigno, e può nascondervi i più truci sogni, senza però metterli in esecuzione: i tempi sono cambiati, e adesso c’è il nostro bravo don Calogero che non ama gli scherzi di nessun genere.

Don Calogero era il brigadiere dei carabinieri, temuto e amato da tutta la popolazione. E il dottore, che si sapeva sorvegliato da