Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/159

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chiassoso di usignoli che finivano la covata, e di merli che li imitavano quasi beffandosi del loro sentimentale richiamo. Nell’orto il ciliegio piangeva grosse lagrime di sangue, e gli ultimi carciofi aprivano i loro duri fiori violetti: del resto tutta la vegetazione era già un po’ decomposta, di una decomposizione secca che tuttavia alla notte aveva un profumo ardente come di ginepro bruciato: rassomigliava a quella del cuore di Concezione. Ella si sentiva stanca e fiacca, come avesse lavorato a cavar pietre con gli operai della strada; e tutto le era, o le sembrava indifferente, inutile, vano. Il rimbombo delle mine era cessato, e con ciò le parve che Aroldo si fosse allontanato per sempre da lei, mentre invece i lavori della strada procedevano verso il paese, e affacciandosi al muricciuolo ella poteva vederli.

Un giorno ritornò l’operaio al quale ella cuciva e rammendava la modesta biancheria, e le disse che Aroldo, al contrario di quanto ella sperava, era sempre in paese, da quella tale. Faceva chilometri di strada, e perdeva le notti per andare a trovarla: e spendeva i suoi risparmi per farle regali onde la gente non credesse interessato il suo attaccamento.

— In fede di Dio, pare stregato. È magro come un’aringa, vecchio peggio di me. Quella