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Essi partirono la mattina stessa, senza tornare dalle donne. La festa era stata un pretesto per far conoscere Costante a Concezione; ma la zia dovette pentirsene, poiché egli, passata la chiesetta, non fece altro che volgersi indietro, affascinato, poi quando s’inoltrarono nella valle chinò la testa sul petto e gli venne un singhiozzo così forte e insistente che comare Maria Giuseppa ebbe desiderio di battergli una mano sulle spalle come ai bambini ingozzati. Così, per il momento, e più che altro per paura di Serafino e della sua occulta potenza, ella pensò di lasciare in pace Concezione: c’era tempo avanti, e non si sa mai quello che può succedere in avvenire.

Era tuttavia destino che Concezione non dovesse aver pace tanto presto. Ed ecco l’ultima sera della festa, mentre lei e la madre guardavano dalla muriccia dell’orto i lontani fuochi artificiali che ricamavano il cielo di comete, di ruote di perle, di favolosi fiori incandescenti, e fin lassù, nell’eremo delle due donne arrivavano, fra lo scoppiar dei razzi, i gridi della folla e le musiche pazze delle fisarmoniche, un uomo con un cappellaccio che