Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/191

Da Wikisource.

— 185 —

faceva aureola al viso rosso dorato dalla luna, si avvicinò al cancelletto e fischiò.

— Oh, — dice Concezione, subito allarmata, — è il signor Bartoli, il compagno di Aroldo. Non verrà a cercare le sue camicie, a quest’ora. Mi sembra anche lui brillo.

La madre andò a vedere, ma non aprì il cancello, fermato già da una catenella e un lucchetto arrugginiti. L’uomo, infatti, puzzava di vino; ma aveva gli occhi buoni, beati, umidi di tenerezza come due rugiadose pervinche. E il suo sorriso si poteva paragonare solo a quello dei lattanti, quando succhiano e poi si staccano dal seno materno: eppure la donna non aprì. Aveva anche lei, da qualche giorno, paura di tutto: la rottura poi, almeno apparente, con la sua antica comare Maria Giuseppa, le causava un vago malessere, un presentimento di dispiaceri più grossi.

Il Bartoli domandò, con voce sommessa e balbuziente:

— Dov’è quello scimunito?

— Chi?

— Chi può essere se non Aroldo?

— E chi l’ha visto? È da mesi che non lo si vede.

— Tach, tach! — egli disse, pizzicando come corde i ramicelli del cancello. — Ditemi dov’è. È dentro?