Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/231

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cura di nulla. Ad ogni modo scartò presto l’idea di rivolgersi a Serafino, poiché il chierichetto arrivò con cattive notizie di lui. S’era dovuto mettere a letto, il pretino, poiché i primi freddi, gli strapazzi religiosi ai quali egli non si sottraeva mai, alzandosi all’alba per la messa, facendo lezione di catechismo ai ragazzi e alle donne, avevano riaperto il vuoto dei suoi polmoni: aveva vomitato sangue, e adesso giaceva esausto nel suo lettino di vergine martire, tormentato, più che dal suo male, dall’impotenza a proseguire la sua opera di bene.

Concezione si sentì anche lei ripresa in quel cerchio di dolore e di morte. Che poteva fare? Ricominciò a pregare. «Signore, sia fatta la volontà tua»; e ricadde in un senso di attesa, come chi è caduto in fondo a un burrone e spera, pur con le ossa rotte, in un aiuto sovrumano.

E un filo di speranza le arrivò proprio da chi meno se l’aspettava: dal signor Calogero, che venne verso sera, quando già anzi faceva buio, ed era vestito in borghese, con la cravatta azzurra, i polsini bianchi inamidati che gli arrivavano fino alla metà delle mani. Gli occhi brillavano nel viso colorito; sembrava un mercante di campagna, vestito a festa, che spera in ottimi affari. Concezione sentiva per