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Pagina:Deledda - La danza della collana, 1924.djvu/212

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La bambina non vagiva più, infatti, ma continuava le sue smorfie che parevano la espressione di un suo meditare interno, il faticoso domandarsi del perchè era lì, del perchè aveva già fame e già dolore, e già sentisse l’abbandono in cui veniva lasciata, e il mistero di quell’ombra grande che a poco a poco si piegava su di lei per portarle un aiuto che non veniva dal cuore.

Quando il viso della donna fu quasi rasente al velo, il suo piccolo viso si raggrinzì tutto: uno stridìo acuto di pianto animalesco le uscì come in tante freccie dalla bocca; e l’altra si sollevò con paura, respinta e ferita.

Nessuno appariva: perchè nessuno appariva?

La bambina si chetò, e tutto fu di nuovo silenzio, in quel luogo che invero dava l’impressione di trovarcisi in sogno.

Ma non era un sogno davvero? La donna ricordava gli altri suoi sogni, nitidi, nella loro esteriorità, più che le vicende reali, eppure velati dal crepuscolo del mistero interno: per scuotersi uscì di nuovo sulla