Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/284

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do furono vicinissimi fece atto di passar sdegnosamente oltre, senza salutare. Stefano lo fissò meravigliato.

— O che non ci conosciamo? — domandò fermando la cavalla.

L’altro si fermò di botto, come paralizzato. Il signore fece rinculare la giumenta. Egli e Bore si trovarono così vicini che le cavalcature allungarono il muso per annusarsi vicendevolmente i fianchi.

— Dove vai? — chiese Stefano volgendosi tutto verso Bore.

— E dove vado? — proruppe questo. — Dove vuole la nostra malasorte, e dove vuol lei!...

— Io? Cosa c’entro io? — esclamò l’altro, fra lo stupito e l’ironico.

Il giovine arrossì; si sentì il cuore scoppiare, gli occhi velarsi; e tutto il rancore che da vari giorni animava la famiglia Porri contro il padrone che non aveva impedito ma quasi provocato l’arresto del pastore, gli bollì nel sangue, dandogli un coraggio rabbioso ed imprudente.

Svanita la speranza di veder il padre rilasciato in libertà, Bore si recava a Nuoro per veder come le cose erano andate ed interessarne qualche avvocato.

— Cosa c’entra lei? — gridò. — Meno male che al danno aggiunge la beffa: ma buon pro le faccia, perch’ella è nato calzato e vestito...