Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/13

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vede che non è nulla: resterò io poi. È tardi; venga a cenare, poi ritornerà, se le fa piacere. Ma meglio sarebbe andare a letto, don Pià...

— Vattene! — impose il vecchio.

— No, andiamo, don Pià...

— Vattene! — ripetè egli minaccioso, — vattene, figlia del diavolo!

E siccome l’altra insisteva, le diede due pugni sul volto reclinato; ella li evitò agilmente.

— Ah, questo, don Piane, questo non lo dovete fare! — diss’ella, minacciandolo scherzosa come s’usa coi bimbi.

Ed egli, rallegrandosi della sua prodezza, rise un risolino curioso ed ingenuo che lasciò finalmente scorgere la sua bocca vuota di bambino lattante. Fu allora che anche Stefano rise. Il vecchio si volse stupito e commosso, sembrandogli impossibile che suo figlio dovesse ridere ancora; poi si alzò, si sentì rinascere, fece portare il lume e si lasciò dolcemente condur via, sicuro che Stefano era risanato.

Ma l’indomani e nei giorni seguenti la febbre perniciosa, sebbene benigna, continuò a tormentare il giovane; e una mattina si sparse persino la voce che egli stesse per morire.

Quel giorno Maria, la cognata, benchè sofferente anch’essa e dal suo lutto rigorosissimo costretta a vivere ritirata, si decise a visitare il malato.

Maria era nobile, ma non ricca. Carlo Arca