Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/238

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luto gli eroni! 1 Hanno meglio voluto separarci, come si separa l’agnello dalla madre, ed io devo lasciare il mio padrone, il mio padrone buono, il mio padrone amato; devo lasciarlo per sempre...

Che schianto, Dio santissimo! Pareva che a Serafina stesse lì lì per venire un accidente; e bevendosi le lagrime, don Piane l’ascoltava in estasi. Sì, ella, poveretta, ella sola gli voleva bene; ora egli se ne accorgeva più che mai. Gli altri, specialmente Maria, lo odiavano; ed ora, sobillato da lei, Stefano gli voleva dunque rapire quest’ultimo affetto puro ed ardente, disinteressato e immenso? Perfidi, malvagi, eroni, mai, mai più!

— Serafina, tu devi restare, disse.

— Padrone mio, padrone mio! Che mai pensa lei? Don Isténe mi ha mandato via, don Isténe in persona...

— Tu devi restare..., se no me ne vado anch’io!

Ella si vide salva, e coprì di baci e lagrime le manine del padrone; poi, dopo un commovente scambio di ringraziamenti ed affettuose espressioni, lo aiutò a salir le scale e lo lasciò davanti alla porta del salotto di Stefano.

Stefano, raramente lasciando don Piane il

  1. Erone, vocabolo senza dubbio proveniente da Nerone; significa persona crudele e malvagia.