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la via del male 273

la berretta, se la gettò sull’omero, si fece il segno della croce.

— Giuseppe, — disse Sabina, fermandosi in mezzo alla chiesa, — aspetta... Ho da dirti una cosa. Io ora giurerò; sarò d’ora in poi come tua moglie; ma tu devi dirmi una cosa...

— Cosa?

— Tu devi dirmi, perchè tu lo sai, chi ha ammazzato Francesco Rosana.

— Io? — egli esclamò, balzando indietro conio spaventato. — Tu vaneggi...

— No, non vaneggio. Vedi, se tu non avessi saputo qualche cosa, avresti subito pronunciato il nome di Turulia...

— Appunto, è lui...

— No, non è lui, — disse Sabina, scuotendo la testa. — E tu e tuo fratello e forse altri ancora lo sapete. Ed io pure lo so...

— Taci, taci, non parlare così.

— No, lo dico solo a te. Anche a me, dopo tutto, non importa nulla e non voglio, come non vuoi tu, come non vuole tuo fratello, come non vogliono gli altri, aver delle seccature e crearmi degli odi. S’arrangi la giustizia; se essa non trovò gli assassini, tanto meglio per questi... Nel mondo c’è posto per tutti. Però...

— Però?...

— Però... dimmi... Ora non insisto; ma se ti domanderò il nome dell’assassino, quando saremo marito e moglie, me lo dirai?...

— Te lo dirò, — egli promise.