Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/184

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chi come perle; dalla finestruola aperta si vedeva, attraverso una nuvola dorata di api, il susino carico di frutti violetti.

— Dio benedica tanta abbondanza, — mormorò il frate; ma Vittoria era pallida e magra come una mendicante, e gli disse a testa bassa:

— Oggi uscirò per la prima volta, dopo i primi quaranta giorni di lutto. Se voi andate al paese cammineremo assieme. Andrò da mia madre...

— Sei stata sempre sana, in questo tempo? — egli domandò timido.

— Sana di corpo sì, para; ma l’anima è malata.

— Bisogna guarirla, allora...

— Proveremo.

Infatti appena furono nello stradone ella sollevò il viso circondato dalla gonna nera e respirò con gioia l’aria calda, la polvere, l’odore delle stoppie: le sembrava d’essere uscita di prigione come il cacciatore arrestato innocente, e si sentiva lieta di camminare, di andare a casa sua, di rivivere nel passato.

— Ricordate, para, l’ultima volta, ricordate? E le cose che vi dissi, allora? Chi poteva pensare? Ma perchè il Signore permette queste cose?

— Lasciamo in pace il Signore. Il più delle volte lui non ci ha che vedere nei fatti nostri. Dimmi piuttosto che intenzioni hai per l’avvenire.

— Io? Io penso giorno e notte che la roba di Bakis Zanche mi pesa come rubata. Alla notte mi sveglio e non posso più addormentarmi.