Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/188

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Ella rimise lo strumento, scese giù e sedette accanto al frate.

— Zia, zia, non avete nulla per le visite? L’arca di Pietrina Zara non è certo l’arca di Vittoria Zara, ma qualche cosa pure ci sarà!

E senza aspettare che la gobbina servisse qualche cosa, tornò ad alzarsi e corse fuori chinandosi a toccare i cespugli e i giaggioli e i gigli i cui fiori pendevano già secchi sullo stelo.

— Così son io, ohiò! — gridò con allegria tragica, e corse via per il campo fino alla siepe là dove le pareva che il terreno conservasse ancora le impronte dei piedi di Mikali. E là si fermò, assalita da un tremito che parve comunicarsi alle cose intorno, alla siepe e alle stoppie, alle macchie battute dal venticello della sera, alle rondini che si ritiravano nei loro nidi sotto la casa, alle campane che suonavano l’avemaria...

*

Anche Mikali aveva finito la sua raccolta, abbondante, sì, ma non tale da soddisfarlo. Non era uomo da aspettare il vento nell’aja, Mikali, e da contentarsi poi se, sollevata la pula, il mucchio del frumento gli prometteva almeno un inverno senza fame.

I suoi occhi ardevano come il cielo in quei lunghi crepuscoli in fondo alla brughiera, il verde della speranza spento dal rosso della passione; e sentiva il sangue battergli alla testa