Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/225

Da Wikisource.

— 217 —

giovane, adesso è già vecchio; curalo finchè vuoi, invecchierà e si seccherà lo stesso.

— Lo dite voi!

— Lo dico io, sì! Ne ho viste piante e uomini a invecchiare e a seccarsi! Sono qui fattore da quando Bakis Zanche ha piantato il predio. — Intanto continuava la sua faccenda; e la sua voce diventata aspra irritò il nuovo padrone.

— Mi pare, quindi, che bisognerebbe piantarne sempre di nuove, zio Baì; e qui invece son tutte vecchie: si vede che il padrone non ci passa.

— Passerà la sua anima! — disse allora il vecchietto, con ironia. — Questa vede meglio che il corpo.

Non seppe perchè, Mikali rise.

— Lo caccio via, — pensò: e questa decisione gli ridonò la sua calma di uomo forte, dell’uomo cioè che fa i suoi affari con prudenza e con fermezza, senza irritarsi inutilmente coi deboli. Per questo si guardò bene dal lasciar capire al vecchietto la sua condanna; anzi si mostrò affabile e accondiscese all’invito di smontare.

— Mikalè, ti darò da bere, poichè non ne hai portato tu. Andiamo su alla casupola.

Anche la casupola, sull’alto del frutteto, cadeva in rovina; ma sul davanti sorgeva ancora, solido, sorretto da due colonne di pietra, una specie di piccolo portico dal quale si vedeva tutta la brughiera fino al mare, chiuso dalla massa rosea-cerula dell’isola di Tavolara.

— Se il luogo è così non è colpa mia, — disse il vecchio fattore, portando da bere a Mikali.