Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/298

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frate sta lassù nella cameretta della povera Battista per raccoglierne l’anima pura, come la «maestra di parto» raccoglierà nella camera di Vittoria il bambino appena nato.

— È meglio che Battista muoia — pensa, chinando il viso sulle mani, mentre i ragazzini lo fissano e come vinti dal suo esempio tacciono curvando uno sulle spalle dell’altro le testine melanconiche. — Se stava sana ci vedevamo ancora e ci amavamo ancora e cadevamo in peccato mortale. Le donne son tutte donne... io le conosco... sono deboli, sono nate per peccare... povere loro! Ma Battista no... lei no... non era nata per essere come le altre. Il Signore se la riprende per questo... Ella, no, non sapeva neppure baciare... come le altre... era senza malizia... Il maligno ero io... perchè l’uomo nasce con la malizia... Io che ho l’anima nera come il carbone, io che sono pieno di vizi e di peccati e faccio diventare nero e terribile come la polvere da sparo tutto quello che tocco...

Un sospiro profondo gli gonfiò il petto; i suoi pensieri, come nubi correnti, mutarono colore.

— E tutti moriamo, sì, ha ragione mia madre... Ma io voglio partire prima; s’accenda il mondo, ma voglio partire e guadagnarmi un patrimonio. Allora, quando lavorerò sul mio, la malìa che pare mi opprima si scioglierà; dirò a Vittoria: «moglie mia, col patrimonio rubato facciamo celebrare tante messe per le anime loro: col mio possiamo vivere bene e in