Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/46

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tile e sedette sulla panchina accanto alla finestra. La luna era già sopra il tetto, il portone chiuso; anche il cane taceva. Ella aspettava ancora, ma sentiva che non era l’attesa grande degli altri, la sua; gli altri, sebbene servi, erano più fedeli di lei in quella casa ove ella era già la padrona.

— Ecco, — pensava — qui, proprio qui stava Marianna Zanche con l’amante quando il marito li sorprese. Egli spiava di lassù, dove adesso spunta la luna. Dio, Signore, Signore grande! — Rivedeva la scena, sentiva l’urlo dell’uomo ferito.

— Con un servo si è messa! Con un servo, anima mia! Doveva essere ben disperata, doveva soffocare, qui, senza amore... Ah, meglio morire che vivere senza amore... meglio morire che fingere. Mikali, anima mia...

Con le mani strette intorno alle ginocchia, piegata dalla sua passione, si cullava un poco come fanno le donne nei loro canti funebri; e sentiva infatti come un grido di morte attraversare la notte soave, una voce che la richiamava dal suo sogno di sangue e di amore: ah, era il maledetto cane rosso che abbaiava contro di lei con gli occhi luccicanti nell’ombra.