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le tentazioni 181


attendevano il seminarista, invasi anch’essi da profonda gioia. Specialmente zio Felix si sentiva felice: sorrideva senza saper perchè, pensava al giorno nel quale Antine avrebbe detto la prima messa, e gli pareva d’esser l’uomo più contento del mondo. Parlava con le vacche, con Minnai, coi torelli chiusi ancora nella mandria, col latte che sprizzava scarsissimo dalle mammelle esauste delle vacche pregne, col pajolino di rame, con ogni cosa infine che gli capitava sottomano. E nessuna cosa gli rispondeva — neppure il piccolo Minnai, che però riusciva a capirlo dal movimento delle labbra — ma egli udiva una voce interna risponder a ogni sua parola, e questa voce interna cantava e pregava nello stesso tempo, rendendo grazie al Signore. Poi udì la voce di Antine che saliva dal fiume. Anch’egli cantava, e la sua voce, — così parve a zio Felix, — riempiva di vita e di gioia tutta la tanca, animando il luminoso silenzio del paesaggio fluviale, in quel puro mattino d’agosto.

Antine venne all’ovile, bevette il latte, giocò con Minnai, si mostrò infine molto più allegro della sera prima.