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le tentazioni 227


— Che possono farmene di te? Tu non puoi rimediare al male. Tu sei come il puleggio che fiorisce e si dissecca inutilmente. Che possono farmene di te?

Passò il tempo. Antine scrisse, ma zio Felix sbranò la lettera con fredda ira. Poi, al solito, si pentì del suo atto violento. Chi sa, — pensava, — forse egli è pentito: eppoi il Signore comanda il perdono.

Ah, il perdono! Ma egli non poteva perdonare, non solo, ma col tempo il suo odio si spandeva come macchia d’olio. Odiava il padrone e i suoi beni, la tanca ed i servi. Specialmente zio Pera gli destava una collera muta e fiera. Ogni volta che scendeva all’ovile — il vecchio ladro! — guardava intorno con aria beffarda, col suo occhio fisso e maligno. E diceva:

— Te l’avevo detto io, vecchia volpe, che tuo figlio si sarebbe fatto prete quando il nibbio avrebbe tessuto orbace! Che il diavolo ti cavalchi, la tua astuzia non è riuscita!

Che astuzia? Che cosa aveva detto egli, l’orbo maligno? Zio Felix si sentiva assaltato come da un cane arrabbiato che gli mordeva la gola: