Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/162

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del mare e dell’orizzonte rallegrava la povera abitazione. Ma al cader della notte i bimbi stanchi e beati si addormentarono, ed ella andò a sedersi come una povera serva stanca sul limitare della porta. Il mormorio del mare e il profumo della brughiera riempivano di poesia la notte: il cielo era chiaro, stellato; ed ella provò una strana meraviglia nel contemplarlo.

Le stelle! Dunque le stelle esistevano ancora? Ella le aveva dimenticate, ed ora, ritrovandole, provava una dolcezza triste, un senso di sorpresa, quasi ritrovasse degli amici di infanzia.

A un tratto fu ripresa dalle sue antiche inquietudini, dalla stessa melanconia che la affliggeva nella casetta del palmizio, dallo stesso desiderio di rompere le catene con cui la sorte l’avvolgeva. Ah, non era più tempo di sogni! Per condurre i bimbi al mare aveva intaccato di nuovo il suo piccolo capitale; domani forse, in caso di malattia o di altra sventura, sarebbe rimasta senza niente! Le pareva di essere già caduta molto in basso, poiché ricordava le villeggiature ad Anzio, la casa sul molo, i bimbi addormentati in una bella camera ariosa, e lei sul balcone vestita di merletto.

Neppure allora era stata pienamente felice.... eppure a poco a poco i ricordi tornarono a vincerla, così dolci e belli che il presente le parve un incubo. Justo era ancora vivo; era assente, ma vivo. Ella lo aspettava. Fra poco sarebbe