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bianche dei bimbi nel sole del cortile, il profilo arabo della giovine vedova sullo sfondo del quadretto del finestrino, e una espressione di piacere quasi infantile ammorbidiva i suoi lineamenti troppo fini.

— Signora Lia! — disse, abbandonandosi sui cuscini dell’ottomana. — Ma come ha fatto a scovare questo posto? È bellissimo; è meraviglioso!

Lia taceva, come s’egli la canzonasse. Gli versò il caffè in una tazza turchiniccia slabbrata e gliene domandò scusa.

— Qui tutto è preistorico: bisogna adattarsi...

— Ma se tutto è bello, signora Lia! O lei è incontentabile?

La guardò, sollevando gli occhi dalla tazzina, attraverso il vapore profumato del caffè, e Lia si accorse che lo sguardo di lui era mutato. Egli la guardava finalmente come una donna, non come una «padrona di casa», e doveva trovarla bella, come tutte le cose intorno, perchè l’avvolgeva nella stessa ammirazione.

Dopo il caffè Lia gli offrì una tazza di latte, e poichè egli accettava gli diede dei biscotti e infine accostò allo spigolo del tavolo il panierino del pane: come senza accorgersene egli bevette e mangiò, e anche dal viso di Lia sparve l’ombra della diffidenza e del sarcasmo. Ella sembrava felice di scoprire nel suo elegante inquilino un semplice mortale.

Deledda. Nel deserto. 11