Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/176

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rivedere la spiaggia luminosa, il suo Justo fermo a contemplare i bimbi sepolti nella sabbia: e un prepotente bisogno di lamentarsi le fece pronunziare parole dolorose.

— Io non tornerò mai più ad Anzio, — disse come parlando alla scarpetta che tremava fra le sue mani brune. — Sono stata troppo felice laggiù. Del resto — aggiunse fiera nonostante le parole umili che pronunziava, — ormai son troppo povera per andare in una spiaggia di lusso. Il povero deve contentarsi della solitudine, nella quale, d’altronde, egli è condannato a vivere.

— Adesso è lei che fa la parte di pessimista, signora Lia! Forse perchè i suoi bambini non la sentono!

— È vero, — ella ammise sorridendo di nuovo. — Ma non creda che io nasconda a loro le mie opinioni sulla povertà, purtroppo basate sull’esperienza. La povertà! È forse davvero uno stato di perfezione, per chi è solo e vive secondo le leggi di Cristo. Ma quando non si è soli, signor Guidi! Io per me non mi lamento; ma che farebbero i miei poveri bambini se io venissi a mancare?

— La società provvederebbe a loro!

— Lei sogghigna, ed ha ragione! — disse Lia, deponendo la scarpetta sulla sabbia, e rivolgendosi a lui con fierezza: — la società li travolgerebbe come quell’onda lì, vede, travolge i fili delle