Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/178

Da Wikisource.

— 172 —


Parlando ella s’ora animata: i suoi occhi splendevano e sembrava una fanciulla. Ma l’ospite sorrideva quasi con scherno.

— Lei parla così perchè è giovane e spera in sè, nelle sue forze, non in un potere sovrumano, signora Lia!

— Io non spero nulla da me, — ella, disse, ricadendo nella sua tristezza. Non ho fatto mai nulla di buono nè di utile, neanche quando me lo sono proposto fermamente. Ma la colpa non è mia. Non mi hanno insegnato a lavorare: sono sempre vissuta come un essere passivo, inerte.

— Ma se mi pare che lei lavori anche troppo! Dalla mattina alla sera!

— E che è questo? — ella disse con amarezza; e fu per aggiungere: — e che è questo, se son costretta a far la serva ad un estraneo?

Sì, di nuovo estraneo, anzi più che estraneo nemico, poichè egli s’era alzato a sedere e le sfiorava il braccio e la guardava con gli occhi nuovamente pieni di una luce equivoca, e le parlava con lieve accento di scherno, sebbene la voce fosse carezzevole, vibrante di desiderio e di eccitamento al peccato.

— È giovane, è bella, signora Lia! Possibile che non se ne accorga? Lasci le idee melanconiche. Oh, Dio, noi volgiamo tutto in dramma, mentre la vita passa meno brutta del come ce la vogliamo ad ogni costo formare. Ma è la moda! Anche la vita noi camuffiamo alla moda; e