Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/201

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— Poco fa diceva d’esser contento: si vede che il ricordo del suo amico le ha fatto cambiare umore.

— Il mio amico? E un imbecille. Sì, è vero, lo spettacolo dell’altrui stupidaggine ci rende spesso melanconici, come, non so se ha osservato, quando parliamo con balbuzienti proviamo anche noi difficoltà a pronunziar bene.

— Perchè chiama imbecille il signor Guidi?

— Per molte ragioni: non ultima quella di far la corte a lei solo adesso che è lontano....

— Come sa che mi fa la corte? — disse Lia ridendo.... E all’improvviso la sua avventura le parve una cosa frivola e comune, da riderci su.

— Oh, Dio, l’indovino da quel che mi dice lei. Un uomo si lamenta solo con le donne a cui vuol sembrare interessante. Stia attenta, signora Lia. Poesia e bastonate!

— Ma che gli importa? — si domandò Lia, guardando di sbieco l’artista; e gli occhi di lui, dorati e freddi come quelli del falco, le diedero nuovamente un senso di malessere.

Senso di malessere e di antipatia che di giorno in giorno aumentò: ella se ne accorgeva e sembrandole che ciò fosse perchè il pittore ogni volta che ne aveva l’occasione parlava apertamente male del Guidi, s’irritava contro sè stessa che non sapeva vincer la sua debolezza. Eppure provava anche un piacere doloroso quando l’artista raccontava a modo suo le avventure del suo ami-