Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/224

Da Wikisource.

— 218 —


— Dunque, signora Lia, — egli disse, prendendo la tazza che ella gli porgeva. — Che cosa mi racconta di nuovo?

— Nulla di nuovo! La vita passa....

Egli sollevò gli occhi, la guardò in viso, le guardò le mani: ed ella ricordò il sogno della sera prima e per un attimo risentì la stessa impressione di dolcezza quasi violenta, che le piegava le ginocchia e le faceva batter le tempia. Ma si vinse subito, e sfidò ostile lo sguardo carezzevole che continuava a fissarla.

— Mi dica che cosa ha fatto durante tutto questo tempo, signora Lia.

— Io? E non lo sa? Ho lavorato.

— Cosa fa?

— Di tutto. Adesso ho una macchina da scrivere.

— Ha lavoro abbastanza?

— Sì. Faccio copie di tutti i generi: dalla circolare al romanzo.

— Non s’affatica? Non le fa male?

— Oh, Dio, — ella disse con ironia verso sè stessa, — son così delicata?

— Forte non è certo. Senta, — egli aggiunse a un tratto, ricordandosi, — lei m’aveva scritto che posava per il quadro del mio amico. Che è accaduto, poi?

— Nulla. Solo, egli voleva andare al Cairo, per finire il quadro.... ed io non seppi più nulla di lui.