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noso inoltre per lei e quindi anche per i suoi bambini? Egli non aveva fatto nulla per meritarselo. Anzi, durante quella giornata, e nei giorni seguenti, e per tutto l’inverno, continuò a mostrarsi gentile e innocuo. Solo gli occhi, talvolta, parlavano per lui.
Ma il nemico oramai era dentro di Lia, ed ella lo combatteva, calma in apparenza, taciturna, dominata dall’idea fissa di vincerlo.
Un giovedì ella incaricò Salvador e Nino di salutare la signora Bianchi, e domandarle quando la mamma poteva andare a salutarla. La sera stessa i bambini, dopo il solito ricevimento, portarono la risposta.
— La signora Bianchi ti aspetta domani alle cinque.
— L’avete veduta?
— No, è raffreddata; ce l’ha detto la bonne.
— È sofferente e mi riceve lo stesso, — pensò Lia. — Vuol dire che si ricorda di me con simpatia e forse indovina lo scopo della mia visita....
Sentimenti opposti, speranza e timore, umiliazione ed orgoglio, la tennero agitata tutta la notte e l’indomani fino all’ora della visita. «Che cosa le domanderò? Che mi procuri un posto, un impiego, o lavoro a casa?» Qualunque cosa che le permettesse di vivere indipendente. Indipendente? Ah, ella sentiva che sarebbe stata sempre serva di qualcuno; ma un impulso torbido la incalzava: ella voleva liberarsi da un laccio che