Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/240

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— Siamo stati assieme quattro anni: quattro secoli di pena infernale. Dopo la prima separazione, la mia famiglia, e specialmente mia sorella, ch’è sensibilissima e nervosa come lo son io, e che soffriva perchè soffrivo io, fece di tutto per riunirci. E ci riunimmo. Ci fu una specie di contratto, quasi un nuovo matrimonio, e un vescovo si immischiò nella faccenda e benedisse la nostra riunione. Tra le altre condizioni c’era quella di poter ciascuno di noi godere della propria libertà, fino a un certo punto, s’intende; ma mentre io, con l’illusione di imporle rispetto, non ne profittavo, ella cominciò fin dai primi giorni a oltrepassare il limite. Usciva anche alla notte, con certe sue amiche equivoche, e la nostra casa era sempre piena di gente antipatica, di brutte faccie, di persone mediocri. Io non ho mai capito perchè essa, che è intelligente, si circondasse di tipi simili. Forse lo faceva per irritarmi: bastava che io dicessi: il tale o la tale non mi piacciono, perchè essa li attirasse a casa e ne facesse i suoi favoriti. Le sue simpatie duravano poco, ma erano sempre le stesse, verso persone mediocri o anormali.

— Forse anch’essa è un’anormale, un’infelice, — disse finalmente Lia, a bassa voce.

— Normale non è, certamente, ma perchè verso gli altri è buona, gentile, pietosa, perchè è buona anche con la mia famiglia, specialmente con mia sorella, sulla quale esercita una specie