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piccoli, disposti sopra e sotto una grande tavola.

Posso ricordarmeli tutti? È impossibile! È un mondo. Bambole e fucili, mobilie microscopiche e animali lillipuziani, palazzi, vesti, strumenti di musica, batterie di cucina in miniatura, diavoli e santi, ferrovie, palloni, alberi, quadri, macchine e... cento altre cose che assorbivano le nostre ore di ricreazione.

Socchiudo gli occhi: rivedo tutto quel caos, quel mondo piccino, rivedo due bambini che vi si trastullano sempre, contenti, ridenti, spesso visitati da amici che salivano per la scala come Dio voleva, qualche volta rotolandovi, chiamando sempre:

— Ehi, Jole...

— Ohi, Franceschino...

Che scenette graziose! Ecco lì, davanti al tavolino da lavoro due studentini coi calzoni corti, chini su un libro, tanto serii quanto due avvocati su un codice antico e prezioso.

— Carlomagno fu padre di quattordici figliuoli...

— No, quindici...

— Ma no, quattordici...

— No, quindici...

E lì a sfogliare, a sfogliare il libro, borbottando una scommessa sul numero dei figli di Carlomagno.